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Il recesso del socio nella società in accomandita semplice (sas).

Una interessante sentenza è stata emessa dal Tribunale di Roma (n. 8422 del 20 aprile 2015) in tema di società di persone. Nella fattispecie, la controversia originava da una dichiarazione di recesso per giusta causa formulata da un socio accomandante di una Sas con la motivazione che il socio accomandatario teneva l’accomandante all’oscuro delle sue scelte gestionali. Secondo il tribunale:

  • In caso di socio recedente non basta comunicare l’esercizio del diritto di recesso alla società, ma occorre notificarlo a tutti i soci
  • il diritto di controllo dei soci accomandanti è limitato alla contabilità sociale e quindi essi non possono pretendere di avere un continuo controllo sulle scelte gestionali del socio accomandatario;
  • non si ingerisce nella gestione sociale l’accomandante che rilasci una fideiussione a favore della società di cui è socio.

Il tribunale ha dunque rigettato la domanda di accertamento dell’intervenuto recesso poichè la dichiarazione di recesso non era stata diretta agli altri soci ma solo alla società (in quanto il tribunale ha accertato che la dichiarazione di recesso non era ravvisabile in alcun altro atto diverso dall’atto di citazione introduttivo del giudizio che ha poi dato luogo alla sentenza in commento).
Nel giungere a questa decisione, il tribunale romano svolge un articolato ragionamento enunciando tutta una serie di rilevanti principi, dopo aver rammentato che, a norma dell’articolo 2285 del Codice civile, il quale trova applicazione anche per le società in accomandita semplice (in virtù del rinvio di cui all’articolo 2315 del Codice civile), il recesso può essere esercitato liberamente dal socio nel caso in cui la società sia stata contratta a tempo indeterminato ovvero per tutta la vita di uno dei soci; e che il recesso può, inoltre, essere esercitato allorché sussista giusta causa, laddove per giusta causa si intende l’altrui violazione di obblighi contrattuali ovvero la violazione dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza e correttezza che ineriscono alla natura fiduciaria del rapporto fra soci; sì che il recesso del socio in tanto è determinato da giusta causa in quanto costituisca legittima reazione al comportamento degli altri soci che, sotto il profilo oggettivo, sia tale da minare alla base il reciproco rapporto fiduciario.
Anzitutto, il tribunale ribadisce che la dichiarazione di recesso del socio da una società di persone (atto unilaterale recettizio contenente una manifestazione di volontà incompatibile con la prosecuzione del rapporto sociale del socio che tale volontà esprime) è efficace, e determina lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio receduto, non appena comunicata agli altri soci, con la conseguenza che la sentenza di accertamento dell’esistenza del presupposto del recesso comunicato ha natura di mero accertamento, con effetto ex tunc.
La dichiarazione di recesso, inoltre, non richiede forme particolari, cosicché ben può essere contenuta nell’atto di citazione con il quale il socio instauri la lite tendente all’accertamento dell’avvenuto scioglimento del rapporto sociale con la società.
Pertanto, in caso di recesso per giusta causa il giudice deve prima valutare l’efficacia della predetta dichiarazione e poi la sussistenza della giusta causa di recesso (da ricondurre alla violazione degli obblighi contrattuali e di fedeltà, diligenza e correttezza incidenti sulla natura fiduciaria del rapporto), attraverso l’accertamento dei fatti fondanti la dichiarazione di recesso e la relativa qualificazione come integranti l’invocata giusta causa.
Passando poi ad osservare il ruolo dei soci nella gestione della società, il tribunale afferma che ai soci accomandanti spetta il diritto di controllo sulla gestione, limitato (ai sensi dell’articolo 2320 del Codice civile) alla verifica della contabilità sociale; e che tale diritto non si estende al controllo continuo della gestione sociale, riconosciuto di norma ai soci di società di persone che non partecipano all’amministrazione ai sensi dell’articolo 2261 del Codice civile e che si esplica nel diritto dei soci di essere informati circa lo svolgimento degli affari sociali.
Infine, secondo il tribunale di Roma, non viola il divieto di immistione nella gestione sociale (e quindi non risponde illimitatamente delle obbligazioni sociali) il socio accomandante che si limiti al compimento di atti concernenti il momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società: nel caso concreto, è stata giudicata non in violazione del divieto di immistione la fideiussione personale da parte dell’accomandante a garanzia dei debiti sociali.

Azzini Zagni | Avvocati e Commercialisti si occupa di diritto societario e pianificazione fiscale, per consigliare sia chi intende iniziare una attività imprenditoriale o chi deve risolvere questioni societarie complesse.