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Costi di pubblicità e ricerca fuori dallo Stato Patrimoniale

I nuovi principi di contabilità introdotti dal decreto legislativo 139/2015 in tema di immobilizzazioni immateriali mettono alla prova le aziende alle prese con la chiusura dei bilanci degli esercizi terminati al 31/12. In particolare, dal 2016 debuttano l’eliminazione dei costi di pubblicità e dei costi di ricerca dallo stato patrimoniale, le modifiche alla determinazione dell’ammortamento dei costi di sviluppo e dell’avviamento, la nuova disciplina dei costi accessori sui finanziamenti a seguito dell’introduzione del costo ammortizzato.

Analizziamo più nel dettaglio le novità che riguardano i costi di pubblicità e le spese di ricerca e sviluppo.

I costi di pubblicità
Dal bilancio 2016, la voce B.I.2 dello stato patrimoniale non include più i costi di pubblicità che vanno spesati per intero nell’esercizio di sostenimento. Tuttavia, quelli già capitalizzati possono essere riclassificati nella voce dei costi di impianto e ampliamento se soddisfano i requisiti ora previsti per la capitalizzazione degli stessi. Si deve quindi trattare di costi legati a una fase di startup o connessi ad una nuova costituzione oppure sostenuti per un nuovo business, processo produttivo o differente localizzazione. Se esistono queste condizioni, anche i costi di pubblicità capitalizzati prima del 2016, in corso di ammortamento, possono continuare a esserlo fra i costi di impianto e ampliamento, riclassificandoli dalla voce B.I.2 alla voce B.I.1. Alle stesse condizioni sono capitalizzabili i costi sostenuti dal 2016.

Come comportarsi per i costi di pubblicità capitalizzati in anni precedenti? I costi di pubblicità precedentemente capitalizzati, possono quindi essere riclassificati, in sede di prima applicazione del nuovo Oic 24, dalla voce BI2 alla voce BI1 Costi di impianto e di ampliamento, se soddisfano i requisiti sopra descritti. Diversamente essi sono eliminati dall’attivo dello stato patrimoniale, con contropartita il patrimonio netto (in genere riserva di utili a nuovo). Quindi, in base all’analisi che l’organo amministrativo è chiamato a svolgere in sede di chiusura del bilancio 2016, dovranno essere effettuate le scritture contabili di conversione o di eliminazione.

I costi di ricerca e sviluppo
La previgente versione dell’Oic 24 prevedeva la distinzione tra costi di ricerca di base (non capitalizzabili), costi di ricerca applicata (capitalizzabili) e costi di sviluppo (capitalizzabili).  Le modifiche introdotte toccano particolarmente da vicino le startup innovative e le pmi che sostengono costi sostenuti per tali attività di ricerca e sviluppo.
Il Dlgs 139/2015 ha abrogato il riferimento ai costi di ricerca dall’ambito delle immobilizzazioni immateriali di cui alla voce BI2 dello stato patrimoniale; questa modifica ha determinato l’eliminazione della categoria della ricerca applicata, in precedenza capitalizzabile, nonché l’introduzione di una nuova definizione della ricerca di base, adeguata ai principi contabili internazionali.

Pertanto i costi di ricerca applicata, capitalizzati in esercizi precedenti all’entrata in vigore del nuovo Oic 24 continuano, in sede di prima applicazione della nuova versione dell’Oic 24, ad essere iscritti nella voce BI2 Costi di sviluppo, se soddisfano i previsti criteri di capitalizzabilità che vediamo in seguito; in caso contrario, si tratterà di eliminare tali costi dall’attivo dello stato patrimoniale con contropartita il patrimonio netto (in genere riserva di utili a nuovo).  L’organo amministrativo delle società, in fase di chiusura dei bilanci 2016, dovrà effettuare le opportune scritture contabili di conversione o di eliminazione.

Quali costi si potranno quindi capitalizzare? L’Oic 24 stabilisce in modo chiaro che la ricerca di base, antecedente allo sviluppo, è imputata al conto economico. Quando la società si impegna ad applicare i risultati della ricerca di base in un piano o in un progetto per la costruzione/produzione di nuovi prodotti, nuovi processi, o per il miglioramento di quelli esistenti, inizia la fase di sviluppo, durante la quale i costi potranno essere capitalizzati.
Pertanto, le novità introdotte hanno eliminato la definizione di ‘ricerca applicata’ e portato una nuova definizione dei costi di ricerca e sviluppo:

  • il costo della ricerca di base è normalmente sostenuto in un momento antecedente a quello in cui è chiaramente definito e identificato il prodotto o processo che si intende sviluppare.
  • lo sviluppo è il risultato dell’applicazione della ricerca di base; pertanto, esso dovrebbe ora tendenzialmente comprendere quella che in precedenza era la ricerca applicata.

D’ora in avanti i costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; solo nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, essi sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni, mentre fino al 2015 era previsto unicamente che essi fossero ammortizzati in un periodo non superiore a cinque anni.

Quali sono le conseguenze sul piano tributario?
In assenza di previsioni normative che regolino i riflessi fiscali della nuova impostazione di bilancio, la soluzione maggiormente condivisibile è quella di una piena applicazione del principio di derivazione del reddito imponibile dalle risultanze di bilancio, in modo che tali spese risultino deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio. Così facendo, una spesa di ricerca o di pubblicità imputata a conto economico nell’esercizio di sostenimento costituirebbe integralmente costo di periodo anche ai fini fiscali. Si tratta di una soluzione già adottata dalle Entrate in sede di interpretazione dell’articolo 108 Tuir; secondo tale indirizzo, l’impostazione contabile assume rilevanza anche ai fini tributari e se il costo è interamente imputato al conto economico non è possibile rateizzarlo sotto il profilo reddituale. Il principio di derivazione, quindi, “travalica” quello della competenza derivante dagli articoli 109, comma 4, lettera a) e 108, commi 1 e 2 Tuir.
Un intervento normativo è comunque auspicabile, sia perché andrà definita la sorte dei costi capitalizzati in precedenti esercizi ed imputati a patrimonio netto nel 2016, sia perché l’articolo 11 Dlgs 139/2015 prevede una clausola di invarianza del gettito che, nell’ipotesi di applicazione del principio di derivazione, potrebbe venire disattesa.

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