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Ditte individuali e società di persone: meno tasse con l’opzione Iri

La legge di bilancio 2017 (art. 1, co. 547 e 548, L. 232/2016) ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova Imposta sul Reddito d’Impresa (Iri), che si applica su opzione a tutti i soggetti Irpef (ditte individuali e società di persone), oltre che alle Srl “trasparenti”.

L’Iri prevede l’imposizione del reddito mediante un’aliquota fissa, nella misura del 24%, per gli utili realizzati e non prelevati. Solo in caso di prelievo degli utili vi sarà tassazione Irpef secondo le aliquote ordinarie (dal 23% a salire, in base allo scaglione di reddito). In pratica, le somme effettivamente assoggettate all’Iri sono quelle che restano in capo all’impresa/società, con la finalità di incentivare la patrimonializzazione delle piccole imprese.

Tutti i soggetti che intendono esercitare l’opzione di tassazione Iri devono trovarsi in contabilità ordinaria (anche su opzione).

Per accedere alla tassazione Iri il contribuente deve effettuare una apposita opzione della durata di cinque anni, rinnovabile per un analogo periodo. La scelta va esercitata nella dichiarazione dei redditi. La prima opzione dovrà essere esercitata nel modello Unico 2018 relativamente al 2017. Tuttavia, chi si trova ora in contabilità semplificata ed intende esercitare l’opzione Iri, deve fin da subito passare alla contabilità ordinaria al fine di non vedersi precluso l’accesso a tale regime.

Soffermiamoci in particolare ad analizzare la convenienza Iri per i soggetti Irpef coinvolti:

  • Imprese individuali, incluse le imprese familiari e le aziende coniugali.
  • Società di persone (società in nome collettivo, società in accomandita semplice) a prescindere da qualsiasi parametro dimensionale. Nel caso di opzione Iri da parte di una società di persone, il soggetto passivo d’imposta diventa la società stessa che verserà l’Iri, non applicandosi l’imputazione del reddito per trasparenza in capo ai soci.

In caso di scelta dell’opzione Iri, sono stabilite regole specifiche di determinazione del reddito d’impresa:

  1. Il reddito Iri (quello cioè non “prelevato” o “distribuito”) non concorre alla formazione del reddito complessivo Irpef dell’imprenditore, del collaboratore familiare o del socio, ma viene assoggettato a tassazione, con l’aliquota del 24%, autonomamente da altri redditi;
  2. l’assoggettamento a Irpef (e relative addizionali) avviene al momento della “distribuzione” (o “prelevamento”) dell’utile conseguito, e comporta la deduzione delle somme dal reddito d’impresa;
  3. le somme prelevate dall’imprenditore (o collaboratore o socio) costituite da riserve di utili già tassati prima dell’ingresso nell’Iri (utili degli anni precedenti) non rilevano ai fini delle tasse, cioè non scontano ulteriori imposizioni Irpef ma nello stesso tempo non possono essere dedotte dal reddito d’impresa ai fini Iri;
  4. le eventuali perdite maturate in regime Iri (dovute, ad esempio, ad eccessivi prelievi da parte dell’imprenditore) sono computate in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi per l’intero importo che trova capienza in essi;
  5. le perdite non ancora utilizzate al momento di fuoriuscita dal regime Iri sono computabili in diminuzione dei redditi (dell’imprenditore o dei soci a cui le stesse sono imputate proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili) considerando l’ultimo anno di permanenza nel regime come anno di maturazione delle stesse.

Il regime Iri non ha rilevanza ai fini previdenziali per i soggetti iscritti all’IVS, pertanto i contributi all’Inps andranno versati sull’intera quota di reddito, non solo su quella prelevata. Ciò significa che gli oneri deducibili (contributi Inps versati nell’anno) potrebbero essere superiori rispetto al reddito lordo.

L’opzione Iri risulterà particolarmente conveniente nei seguenti casi:

  • per i soggetti che beneficiano di diverse fonti di reddito (ad es. un imprenditore individuale contemporaneamente collaboratore di impresa familiare);
  • per i soggetti che scontano redditi molto alti e prelevano importi ben inferiori rispetto ai redditi tassati, verificando di non ‘perdere’ oneri deducibili;
  • nei casi in cui il reddito d’impresa risulta essere maggiore dell’utile d’esercizio (ad es. per via della variazione in aumento derivante dalla parziale indeducibilità dei costi della autovetture ed altri costi indeducibili), poiché l’eccedenza rimarrà tassata Iri, dal momento che sono importi non prelevabili;
  • infine, l’incentivo a non prelevare gli utili diventa ancor più interessante se si considera che l’agevolazione ACE dal 2016 non è più calcolata sul patrimonio netto a fine esercizio, ma sull’incremento effettivo del capitale proprio.

Allo stato attuale, la questione più rilevante che non è stata ancora chiarita rispetto a coloro che intendono esercitare l’opzione Iri riguarda la sorte degli utili tassati Iri  che verranno distribuiti ai soci o prelevati dall’imprenditore dopo la fuoriuscita dal regime. Sono ipotizzabili tre possibili soluzioni normative.

1) Prevedere un prolungamento “virtuale” del regime e dunque la deduzione di tali distribuzioni da parte della società tornata in regime di trasparenza e contemporaneamente la tassazione Irpef  in capo al percettore.

2) Stabilire, invece, la assoluta irrilevanza (sia per la società trasparente che per il socio percettore) di tali distribuzioni.

3) Prevedere – e si tratta della soluzione più equilibrata – una tassazione parziale in capo al socio come per i dividendi pagati dalle società di capitali.

Sul punto si rimane in attesa di un intervento chiarificatore.

Sei un imprenditore individuale o socio di una società di persone (società in nome collettivo, società in accomandita semplice)? Il tuo reddito è molto elevato? Non riesci a recuperare molti costi indeducibili (ad esempio perché hai molti automezzi intestati alla società)? Adottando una contabilità ordinaria e l’opzione Iri puoi beneficiare di un consistente risparmio di tasse.

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