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Liquidazione volontaria e incapienza del patrimonio sociale

A causa della congiuntura negativa attraversata dall’economia del nostro Paese, negli ultimi anni, accade sempre più spesso che, in sede di liquidazione volontaria, il liquidatore non sia in grado di soddisfare integralmente i creditori perché il patrimonio sociale non è sufficiente.

Sorge allora spontanea una domanda: quali sono i rischi per la società, i soci e il liquidatore?

E’ opportuno distinguere i tre soggetti sopra richiamati perché gli effetti della mancata soddisfazione dei creditori si riverberano sui primi con modalità e azioni talvolta differenti, in quanto diversi sono i rispettivi profili di responsabilità.

La società, sempre che rientri tra quelle previste dalla normativa in materia, sino allo scadere dell’anno successivo alla sua cancellazione dal Registro imprese, rischia la dichiarazione di fallimento.

Per quanto riguarda i soci, questi rispondono se e nella misura in cui, al termine della liquidazione, nonostante il mancato pagamento dei debiti societari, abbiano ricevuto denaro a titolo di riparto dell’attivo del patrimonio della società (art. 2495 c.c.). In questo caso gli obblighi restitutori in favore dei creditori sono quantitativamente limitati all’importo riscosso dal socio a titolo di riparto dell’attivo.

Anche il liquidatore deve fare particolare attenzione al suo operato. Infatti, egli può essere chiamato a rispondere personalmente dei debiti societari rimasti impagati se, nel corso dell’attività di liquidazione, ha operato con colpa (art. 2495 c.c.). Infatti, per costante giurisprudenza, il liquidatore, che si trovi a dover gestire una società con un patrimonio incapiente rispetto alla massa debitoria, dovrà operare nel rispetto della par condicio creditorum. Pertanto, ai sensi dell’art. 2741c.c., il liquidatore dovrà soddisfare i creditori tenendo conto delle eventuali cause legittime di prelazione.

Altro rischio che si può incontrare al termine della liquidazione è quello inerente il deposito del bilancio di chiusura, finalizzato alla cancellazione della società dal Registro imprese, attività questa che porta alla estinzione giuridica di tutti i rapporti societari attivi e passivi. Il controllo che il Registro esegue in questa fase va oltre il mero riscontro formale di correttezza: il Registro indaga in modo più approfondito la sussistenza delle condizioni per l’iscrizione, ossia che l’attività liquidatoria sia stata conclusa. In questa fase il Registro imprese potrebbe anche rifiutarne l’iscrizione, impedendo la fine dell’iter di cancellazione (cfr. Registro di Milano, indicazioni operative del 28 dicembre 2015). Per esempio, l’iscrizione del bilancio finale di liquidazione viene respinta quanto risulti la compresenza di attività non liquide e passività, in quanto ciò rende manifesto che la liquidazione non è stata ultimata.

In conclusione, la liquidazione è, sotto molteplici aspetti, una fase della vita societaria estremamente delicata che richiede una particolare attenzione al fine di preservare tanto i patrimoni del liquidatore e dei soci, quanto di evitare di incappare nel fallimento a ridosso della estinzione giuridica della società stessa.

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