La disciplina sui prezzi di trasferimento si applica anche ai finanziamenti infruttiferi infragruppo, che sono prassi sovente nei gruppi societari, soprattutto laddove vi è la necessità di sostenere le fasi di startup di una controllata operante in un diverso paese.
Con la pronuncia 7493 del 15 aprile 2016 la Cassazione ha infatti superato la precedente e diversa posizione della medesima Corte, che si era espressa in termini di inapplicabilità del transfer pricing ai finanziamenti infruttiferi infragruppo (Cassazione numeri 27087/2014 e 15005/2015). Ne consegue che la normativa sul transfer pricing di cui all’articolo 110, comma 7 del Tuir si applica anche alle operazioni la cui natura è fissata dalle parti come gratuita.
Dalla sentenza della Corte ne consegue che è pertanto legittima l’inclusione degli interessi nella determinazione del reddito d’impresa, nella misura che sarebbe stata pattuita tra parti indipendenti. La recente sentenza dei giudici di legittimità trae fondamento dal principio di libera concorrenza espresso nell’articolo 9 del modello Ocse. Tale principio stabilisce la possibilità di sottoporre a tassazione gli utili derivanti da operazioni infragruppo che siano regolate da condizioni diverse da quelle convenute tra imprese indipendenti, in condizioni comparabili sul libero mercato. E, prosegue la Corte, la valutazione in base al criterio del valore normale prescinde dalla capacità originaria dell’operazione di produrre reddito e, quindi, da qualsivoglia obbligo negoziale delle parti attinente al pagamento del corrispettivo, in coerenza con le linee guida Ocse.
Se così non fosse, si arriverebbe all’irragionevole risultato per cui l’Agenzia delle Entrate potrebbe applicare il controllo sulla base del transfer pricing ad operazioni di finanziamento internazionale infragruppo effettuate a condizioni inferiori a quelle previste dal criterio del valore normale, anche per importi contestati complessivamente irrisori, mentre le sarebbe inibita la contestazione qualora le parti si fossero accordate per l’infruttuosità del finanziamento stesso.
Proprio il riferimento ai principi Ocse rende palese che, in presenza di finanziamenti infragruppo, la determinazione del tasso di interesse a valore normale necessita della verifica di alcune variabili nell’ambito di una analisi di comparabilità. In particolare: la tipologia di beni e servizi oggetto della transazione; le funzioni e i rischi assunti dalle parti della transazione; le condizioni contrattuali che regolano i rapporti giuridici tra le parti; le condizioni economiche e di mercato; le strategie.
Anche in sede di verifica da parte degli organi accertatori, andrebbe svolta una corretta analisi di tali variabili, idonee alla individuazione del valore normale del tasso di interesse.
Pertanto, non appare sufficiente, come talvolta accade, un generico riferimento alle condizioni esistenti sul mercato del mutuante, in base alla mera considerazione che è il mutuatario che generalmente si rivolge a tale mercato in qualità di prenditore di fondi; piuttosto occorre valutare la serie di fattori sopra indicata. Ad esempio, in riferimento alle condizioni contrattuali, vanno analizzate l’entità del prestito, il titolo, la durata, la natura del contratto, la moneta di computo, le garanzie prestate in relazione al finanziamento concesso.
Inoltre vanno approfondite le caratteristiche del soggetto mutuatario, con particolare riferimento alle aspettative del creditore di essere rimborsato. Maggiore è la probabilità che il debitore assolva solo in parte i suoi obblighi di rimborso del capitale e/o di pagamento degli interessi, maggiore è il tasso di interesse che il creditore ordinariamente richiede sui fondi erogati.
Concludendo, i prestiti infruttiferi infragruppo tra società che operano in ambito internazionale costituiscono operazioni del tutto legittime e la gratuità è scelta affidata alle parti, tuttavia la legittimità commerciale di tali operazioni può comportare una rideterminazione a valore normale del tasso praticato. Il che non vuol dire che anche fiscalmente il tasso congruo non possa risultare pari a zero, ma ciò dovrà necessariamente derivare da una attenta analisi della sostanza economica dei rapporti intervenuti tra le parti, per determinare se questi siano conformi alle condizioni di libera concorrenza.
Questa sentenza della Corte di Cassazione allarga considerevolmente i confini della normativa sui prezzi di trasferimento, che fino ad oggi avevano riguardato solo le operazioni infragruppo in ambito internazionale con corrispettivo. Ora invece, anche semplici finanziamenti infruttiferi di interessi diventano soggetti alle regole del transfer pricing. Pertanto, è opportuno che ogni società che opera attraverso sue società partecipate in ambito internazionale pianifichi correttamente la gestione dei rapporti interni, al fine di limitare il rischio di accertamenti fiscali molto dolorosi.
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